Ci sono molte donne per cui femminismo significa in qualche modo rifiutare una prospettiva di diversità di genere, come fosse un marchio di debolezza; donne che tendono a catalogare sé stesse su un metro maschile, a cominciare dalla declinazione dei titoli professionali, ché quelli al femminile “non valgono tanto quanto”.
Questa esigenza ha avuto la sua piena importanza finché la cultura patriarcale ha tenuto chiuse le porte di molti mestieri che ora si stanno lentamente aprendo in tutti i settori, dalla scienza alle applicazioni manuali. Qui in Svezia per esempio ci sono sempre più donne nelle attività impiantistiche: deliziose idrauliche o elettriciste, magari minute ma scattose Lisbeth Salander con piercing e martello. Ma un conto è avere ogni possibilità aperta, un altro è un dover dimostrare di essere non equivalenti, ma proprio uguali. Penso che se vince il modello donna Game of Thrones abbiamo perso. Se la nostra valenza deve competere su forza fisica, anaffettività sessuale e spietatezza, stiamo proprio da capo a dodici: eccoci di nuovo ad adattarci a qualcosa di estraneo a noi, mettendo il nostro corpo e la nostra mente in scala 1:uomo. Un tradimento ma soprattutto un’incapacità a pensarci integre e valenti esattamente come siamo, rotando sul nostro asse senza fare la luna di nessuno. Ho la sensazione che ci vorrà ancora molto per arrivarci, mettere i giusti confini, valorizzare fino in fondo il nostro modo di fare le cose, e l’efficacia che nasce dal giocare sulle differenze con ironia e complicità bilanciando maschile con femminile. Ci sono sempre più uomini meravigliosi in giro, uomini significativamente adulti con cui si può costruire un mondo equilibrato, maturo e interessante. Uomini che problematizzano i primati “di genere” e trovano orribile dover essere fisicamente omologhi a quella maggioranza vicina al 100% di terrestri che commettono assassini, stupri, violenze domestiche, omicidi, abusi sessuali su minori, incesti, reati, attività di guerra. Perché mai, di grazia, dovremmo anche solo assomigliare a questo? Solo perché nella storia del patriarcato sono maschili le figure vincenti, eroiche, dominatrici, forti? Quelle delle statue sulle piazze e delle foto sui libri di storia?
Spesso per fare un complimento a una donna la definiamo “forte”. Ma cosa significa donna forte, esattamente? Conosco donne indebolite da traumi o depressione, certo, ma per il resto molte delle donne che conosco (simpatiche o antipatiche che siano) sono forti, coraggiose, capaci, esecutive, resistenti, multifunzionali, oneste, civiche, intelligenti, capaci di solidarietà ed empatiche. Non sono donne forti, sono donne, punto.
E allora bisogna fare il contrario, copernicanamente. Bisogna essere donne al 100% e usare il nostro preciso modo di stare al mondo come modello costruttivo e opposto a quello distruttivo. E perché la nostra funzione non sia solo quella di sanare, riparare, sostenere dopo che l’uragano della brutalità è passato − come abbiamo fatto da milioni di anni. Dobbiamo esserci prima, ovvero avere potere: non forza, ma potere. Decidere, condurre, gestire, dire, impedire, opporci, prendere spazio, esistere.
Come le centinaia di attrici che l’altro ieri in diverse città della Svezia si sono alternate a leggere testimonianze sulle violenze, discriminazioni, abusi e manipolazioni di cui la loro categoria è stata vittima, in una maratona che è durata più di due ore a rendere quasi insopportabile l’ascolto. Non perché fosse una narrazione di volta in volta insostenibile di per sé, ma perché è stata smisurata. Questo ciò che gli uomini presenti hanno voluto raccontare poi, commentando la loro esperienza: quanto fosse intollerabile e doloroso verificare per la prima volta il volume elefantiaco del fenomeno. Uomini consapevoli e maturi che si sono chiesti con sconforto come sia stato possibile “accettare” da anni tutto questo, fingere in qualche modo che non stesse avvenendo e non avesse come protagonisti i Reucci Intoccabili del mondo dello spettacolo, gli incensati Geni Assoluti della regia o della recitazione o della produzione culturale. Una doccia gelata e necessaria che ha cambiato la prospettiva per sempre. Adesso resta la sfida a essere fedeli a noi stesse, a svincolarci dai modelli maschilisti e procedere da donne, potenti della nostra saggezza.
Meraviglioso questo pezzo. Hai toccato i punti del femminismo che preferisco, ossia il nostro dovere morale di portare un contributo diverso nel mondo capace di invertire la rotta distruttiva e sostanzialmente suicida. Internet ha il pregio di aver reso evidente l’estensione mondiale di un fenomeno di oppressione che dobbiamo riconoscere come il male che sta uccidendo il pianeta, perché se il 50% dell’Umanitá ha le sue potenzialità creative disinnescate, rimane solo la parte che ha fatto del dominio, dell’oppressione e dello sfruttamento miope il suo folle testamento
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Grazie di cuore, non sai quanto sia importante questo per me! Mi sento sempre estremamente sola in questa visione delle cose, e me ne sono quasi rassegnata… sapere che posso condividere questo punto di vista mi dà grandissima forza, grazie!
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Siamo in tante non sei sola! e scrivere questi pensieri è una missione di pacificazione. Sono convinta che se le donne smettessero di rincorrere il Mito della Bellezza e si preoccupassero di prendere un posto attivo/creativo nel mondo, tutto cambierebbe, sarebbe la più grande rivoluzione di sempre.
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Oh yes!! Sono d’accordo al tremila percento!!!!! ❤
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Ho scritto un libro su questo argomento, pensi se ne potrebbe parlare su Donne Visibili? Si intitola “Alle donne piace soffrire?” e racconta come il Mito della Bellezza compensa il controllo esercitato sulla sessualità delle donne e come questa inibizione abbia minato la libera espressione del femminino. Come diceva Emmeline Pankhurst, dobbiamo liberare metà della razza umana, le donne, così loro possono aiutare a liberare l’altra metà.
Qui trovi il primo capitolo https://alledonnepiacesoffrire.wordpress.com/2017/07/26/il-libro/#more-73
È un libro ironico, ho cercato di raccontare le sofferenze estetiche con umorismo perché l’autoironia è il primo passo della consapevolezza.
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Posso dirti che io lo leggerei con estremo piacere e di certo ne parlerei qui se, avendolo letto, potessi scriverne qualcosa di interessante 🙂 Contattami pure attraverso il mio sito se credi, grazie! http://www.monicamazzitelli.net/contatti/
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Senz’altro lo farò! Te ne posso mandare una copia 😊 ci sentiamo presto
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Grazie! 😊😊
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Grazie a te!!!!
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